Codici
CODICI
Civile-Giurisp.
Fallimentare-Giurisp.
Fallimentare-Ragionato
Sovraindebitamento-Giurisp.
Amm.Straord.-Giurisp.
NEWS
BLOG
OPINIONI
Direzione e redazione
ilcaso.redazione@gmail.com
Apri Menu
Home
Articoli
Convegni
Aste & Avvisi
LiquidaGest
Libri
Cerca
Chiudi Ricerca
Cerca tra gli Articoli
Cerca in
concordati
Persone e Misure di Protezione
-
Archivio
Wednesday 19 October 2016
Diritto della figlia adottiva di conoscere le proprie origini biologiche.
Diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche – Interesse alla segretezza della madre – Contemperamento – Morte di quest'ultima – Impossibilità di interpello – Diritto della figlia adottata – Prevalenza – Configurabilità.
A seguito della morte della madre che ha partorito mantenendo segreta la propria identità, l’interesse alla segretezza diventa recessivo di fronte al diritto della figlia adottiva di conoscere le proprie origini biologiche ed ha, pertanto, accolto l’istanza di accesso alle informazioni relative all’identità del genitore biologico, precedentemente rigettata dal giudice del merito. (massima ufficiale)
Cassazione civile, 21 July 2016, n. 15024.
Wednesday 26 April 2017
Ricorribilità per cassazione del decreto che nega l'apertura della amministrazione di sostegno.
Amministrazione di sostegno - Decreto che nega l'apertura della procedura - Ricorribilità per cassazione - Ammissibilità.
Il decreto della corte d'appello che nega l'apertura dell'amministrazione di sostegno è ricorribile per cassazione. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 20 July 2016, n. 14983.
Wednesday 27 July 2016
Incostituzionale la cd legge antibadanti.
Previdenza – Pensione di reversibilità – Matrimonio con il dante causa contratto ad età del medesimo superiore a settanta anni e differenza di età tra i coniugi superiore a venti anni – Riduzione dell’aliquota – Incostituzionalità – Sussiste
Pensione di reversibilità – Funzione.
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111. La ratio della misura restrittiva risiede nella presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario, quando non vi siano figli minori, studenti o inabili. Si tratta di una presunzione di frode alla legge, connotata in termini assoluti, che preclude ogni prova contraria. La sua ampia valenza lascia trasparire l’intrinseca irragionevolezza della disposizione impugnata. Pur di accentuare la repressione di illeciti, già sanzionati dall’ordinamento con previsioni mirate, si enfatizza la patologia del fenomeno, partendo dal presupposto di una genesi immancabilmente fraudolenta del matrimonio tardivo. Nell’attribuire rilievo all’età del coniuge titolare di trattamento pensionistico diretto al momento del matrimonio e alla differenza di età tra i coniugi, la disposizione in esame introduce una regolamentazione irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità, che ne determina la finalità previdenziale, presidiata dagli artt. 36 e 38 Cost. e ancorata dal legislatore a presupposti rigorosi. Una tale irragionevolezza diviene ancora più marcata, se si tiene conto dell’ormai riscontrato allungamento dell’aspettativa di vita. Il vulnus ai diritti previdenziali del coniuge superstite appare ancor più evidente in una normativa che subordina tali diritti alla circostanza, del tutto accidentale ed eccentrica rispetto alla primaria finalità di protezione del coniuge, che vi siano figli minori, studenti o inabili all’epoca del sorgere del diritto del coniuge. Per i figli, peraltro, la disciplina delle pensioni di reversibilità appresta una tutela autonoma, che interagisce con la normativa indirizzata ai coniugi ai limitati effetti della già citata disciplina del “cumulo”. Questo dato serve a confermare l’equilibrato intento solidaristico che ha, già da qualche tempo, ispirato il legislatore. Dalle considerazioni svolte, discende la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
L’ordinamento configura la pensione di reversibilità come «una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell’interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l’effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3, secondo comma, della Costituzione) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, della Costituzione) rispetto alla generalità dei cittadini (art. 38, primo comma, della Costituzione)». In virtù di tale connotazione previdenziale, il trattamento di reversibilità si colloca nell’alveo degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Carta fondamentale, che prescrivono l’adeguatezza della pensione quale retribuzione differita e l’idoneità della stessa a garantire un’esistenza libera e dignitosa. Nella pensione di reversibilità erogata al coniuge superstite, la finalità previdenziale si raccorda a un peculiare fondamento solidaristico. Tale prestazione, difatti, mira a tutelare la continuità del sostentamento e a prevenire lo stato di bisogno che può derivare dalla morte del coniuge. Il perdurare del vincolo di solidarietà coniugale, che proietta la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte, assume queste precise caratteristiche, avallate da plurimi princìpi costituzionali. In un àmbito che interseca scelte eminentemente personali e libertà intangibili, i princìpi di eguaglianza e ragionevolezza rivestono un ruolo cruciale nell’orientare l’intervento del legislatore. Quest’ultimo, vincolato a garantire un’adeguata tutela previdenziale, per un verso non deve interferire con le determinazioni dei singoli che, anche in età avanzata, ricercano una piena realizzazione della propria sfera affettiva e, per altro verso, è chiamato a realizzare un equilibrato contemperamento di molteplici fattori rilevanti, allo scopo di garantire l’assetto del sistema previdenziale globalmente inteso. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 14 July 2016, n. 174.
Wednesday 27 July 2016
Protezione internazionale: l’onere della prova è attenuato ma sussistente.
Protezione internazionale – Richiesta di asilo politico (nel caso di specie: Ghana) – Onere della prova in forma attenuata – sussiste.
Un requisito essenziale per il riconoscimento dello "status" di rifugiato è il fondato timore di persecuzione "personale e diretta" nel Paese d'origine del richiedente, a causa della razza, della religione, della nazionalità, dell'appartenenza ad un gruppo sociale ovvero per le opinioni politiche professate. Il relativo onere probatorio - che riceve un'attenuazione in funzione dell'intensità della persecuzione - incombe sull'istante, per il quale è tuttavia sufficiente provare anche in via indiziaria la "credibilità" dei fatti da esso segnalati (Cass. 18353/2006). Affinché l'onere probatorio possa ritenersi assolto, gli elementi allegati devono avere carattere di precisione, gravità e concordanza desumibili dai dati anche documentali offerti (Cass. 26287/2005). Peraltro, la Cedu e la Carta dei diritti fondamentali della UE non rilevano ai fini dell'inversione dell'onere probatorio, che grava in ogni caso sullo straniero seppur in modo attenuato, come gin evidenziato. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 11 July 2016, n. 14157.
Friday 01 July 2016
Adozione coparentale (stepchild adoption).
Cd. Stepchild adoption – Legittimità – Sussiste.
L’art. 44 lett. d) della l. n. 184/1983, là dove prevede l’adozione del minore in casi particolari, in presenza della constatata impossibilità di affidamento preadottivo, va interpretato alla luce del quadro costituzionale e convenzionale ed in particolare dei principi affermati dalla Corte EDU in ordine al best interest del minore. La tesi per la quale, anche nell’ipotesi di cui alla lett. d) cit., l’adozione sarebbe comunque subordinata alla preventiva declaratoria dello stato di abbandono “condurrebbe sempre ad escludere che l’adozione possa conseguire ad una relazione già instaurata e consolidata con il minore, essendo tale condizione relazionale contrastante con l’accertamento di una situazione di abbandono”, così come configurata dall’art. 8 della l. n. 184/1983. Solo l’adozione “legittimante” postula la situazione di abbandono del minore, non invece quella “non legittimante” (in casi particolari). Si conferma l’interpretazione dell’espressione “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” nel senso che «deve ritenersi sufficiente l’impossibilità “di diritto” di procedere all’affidamento preadottivo e non solo quella “di fatto”, derivante da una situazione di abbandono in senso tecnico-giuridico». Poiché all’adozione in casi particolari prevista dall’art. 44, comma 1, lett. d) possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto, l’esame de requisiti e delle condizioni imposte dalla legge, sia in astratto (“la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”), sia in concreto (l’indagine sull’interesse del minore imposta dall’art. 57 primo comma n. 2) non può essere svolto – neanche indirettamente – dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questo stabilita con il proprio partner. E’ dunque legittima quella che, mutuando un’espressione anglofona, è stata definita stepchild adoption anche in favore del compagno dello stesso sesso del genitore biologico del minore. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 22 June 2016, n. 12962.
Wednesday 29 June 2016
Riparto di competenze tra Trib. Ordinario e Trib. Minorenni: le modifiche riservate al Legislatore.
Procedimento civile - Controversie in materia di famiglia riguardanti la prole - Attribuzione al Tribunale per i minorenni, anziché al tribunale ordinario, della competenza ad adottare i provvedimenti [ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale] di cui agli artt. 330 e 333 del codice civile.
In materia di riparto della competenza tra Tribunale per i Minorenni e Tribunale ordinario, come delineata dall’art. 38 disp. att. c.c., va riconosciuto che la separazione degli ambiti di intervento del giudice ordinario e di quello specializzato può evidenziare aspetti disfunzionali in tutti quei casi nei quali il conflitto tra i genitori sulle modalità di affidamento sia destinato a sfociare in provvedimenti restrittivi della responsabilità genitoriale. Ebbene, nella frammentazione delle tutele attinenti agli interessi del minore e nel pregiudizio dell’effettività dell’intervento giudiziale sulla responsabilità genitoriale potrebbe essere ravvisata la lesione dei principi costituzionali. Tuttavia, in considerazione della pluralità di soluzioni possibili, nessuna delle quali costituzionalmente obbligata, l’intervento della Consulta si caratterizza per un alto tasso di manipolatività. Ciascuna di tali soluzioni comporta, infatti, scelte (anche organizzative) discrezionali, come tali riservate al legislatore (in particolare, vuoi concentrando le tutele davanti al TO; vuoi concentrandole dinanti al TM). Ed infatti in sede parlamentare pendono più disegni di legge sull’argomento, che forniscono al riguardo soluzioni diverse da quella prospettata dal rimettente. Peraltro, proprio in riferimento all’attuale disciplina del riparto di competenze tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni, va comunque riconosciuta la ragionevolezza della scelta di attribuire al Tribunale specializzato, da considerarsi “naturale” per la tutela degli interessi dei minori, la competenza in ordine ai provvedimenti relativi al diritto degli ascendenti di mantenere «rapporti significativi» con i nipoti minorenni, «[…] fermo restando che qualsiasi altro e diverso livello di criticità delle soluzioni adottate dal legislatore non può che legittimamente rientrare − specie [...] nella materia processuale − nell’ambito della discrezionalità di cui esso gode» (sentenza n. 194 del 2015). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 10 June 2016, n. 134.
Thursday 16 June 2016
Protezione internazionale e nullità del diniego amministrativo. Obbligo di audizione.
Protezione internazionale – Diniego amministrativo – Impugnazione per nullità – Rilevanza nel giudizio – Esclusione
Protezione internazionale – Obbligo del giudice di procedere alla audizione del richiedente asilo – Esclusione
Protezione internazionale – Diritto di asilo ex art. 10 Cost. – Chiarimenti.
La nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto con il ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento. Tale giudizio, infatti, non ha per oggetto il provvedimento stesso, bensì il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata; dunque non può concludersi con il mero annullamento del diniego amministrativo della protezione, ma deve pervenire comunque alla decisione sulla spettanza o meno del diritto alla protezione: infatti la legge (in origine l’art. 35, comma 10, d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 e attualmente l’art. 19, comma 9, d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150) stabilisce che la decisione del tribunale può contenere, alternativamente, il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, e non prevede il puro e semplice annullamento del provvedimento della Commissione (cfr. Cass. 18632/2014, 26480/2011). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
In materia di procedimento per la protezione internazionale, non sussiste l’obbligo del giudice di disporre l’audizione del richiedente asilo. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251 e di cui all’art. 5, comma 6, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286; con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10, terzo comma, Cost. (Cass. 10686/2012, richiamata dallo stesso ricorrente)”. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 08 June 2016, n. 11754.
Thursday 21 April 2016
L’amministratore di sostegno non risponde del reato di abbandono di incapaci.
Abbandono di persone incapaci – Amministratore di sostegno – Configurabilità del reato – Condizioni.
In tema di abbandono di persone minori o incapaci, l’amministratore di sostegno non risponde del reato di cui all’art. 591 cod. pen. in quanto, salvo che sia diversamente stabilito nel decreto di nomina, lo stesso non è investito di una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell’incolumità individuale del soggetto incapace ma solo di un compito di assistenza nella gestione dei suoi interessi patrimoniali. Infatti, pur avendo un dovere di relazionare periodicamente (secondo la cadenza temporale stabilita dal giudice) sull’attività svolta e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario, il compito dell’amministratore di sostegno resta fondamentalmente quello di assistere la persona nella gestione dei propri interessi patrimoniali e non anche la “cura della persona”, poiché l’art. 357 cod. civ., che indica tale funzione a proposito dei tutore, non rientra tra le disposizioni richiamate dall’art. 411 tra le “norme applicabili all’amministrazione di sostegno”. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione penale, 26 February 2016, n. 7974.
Wednesday 02 March 2016
Cessazione dell'obbligo alimentare a favore del genitore indegno in assenza di pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale.
Famiglia - Obbligo del figlio di versare gli alimenti al genitore - Previsione che l'adempimento non è dovuto al genitore nei cui confronti è stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale - Conseguente impossibilità per il giudice di valutare, nel caso concreto, la cessazione dell'obbligo alimentare a favore del genitore "indegno" in assenza di pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale .
E’ manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 448-bis del codice civile, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione. Nella materia degli alimenti sono possibili diversi tipi di intervento, quanto alla individuazione dei fatti giustificativi, del giudice competente ad accertarli e del procedimento da adottarsi, agli effetti della auspicata declaratoria “postuma” di decadenza (ora per allora) dalla responsabilità genitoriale nei confronti del figlio ormai maggiorenne, al fine della esclusione dell’obbligo alimentare di quest’ultimo nei confronti del genitore, con la conseguenza, che la scelta tra tali eventuali interventi (peraltro ampliativi di una deroga al generale dovere di solidarietà) resta, comunque, riservata alla discrezionalità del legislatore. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 17 February 2016, n. 34.
Friday 12 February 2016
Responsabilità civile dell’incapace nel processo penale.
Processo penale - Decisione sulle questioni civili - Condanna per la responsabilità civile - Possibilità per il giudice di decidere sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, proposta a norma degli artt. 74 e ss. cod. proc. pen., anche quando pronuncia l'assoluzione dell'imputato in quanto non imputabile per essere, nel momento in cui ha commesso il fatto, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere.
L’accertamento che l’imputato è persona non imputabile, in quanto incapace di intendere o di volere al momento del fatto per vizio totale di mente, esclude la sua punibilità (artt. 85 e 88 del codice penale) e conseguentemente impone la pronuncia di una sentenza di assoluzione (art. 530, comma 1, cod. proc. pen.). Detta sentenza non si trasforma, eo ipso, in una pronuncia di condanna per il solo fatto che, con essa, sia eventualmente applicata all’imputato una misura di sicurezza personale. Nell’ambito dell’ordinamento penale, il concetto di «condanna» designa, infatti, unicamente il provvedimento che applica una pena, e non anche quello che dispone misure di sicurezza personali, le quali operano su un piano distinto, essendo finalizzate unicamente a contenere la pericolosità sociale dell’interessato. Di conseguenza, resta inibito al giudice penale – in forza della norma censurata – adottare qualsiasi statuizione a carattere civile con la sentenza che qui interessa, compresa quella relativa alla liquidazione dell’equa indennità prevista dall’art. 2047, secondo comma, cod. civ.
Resta, tuttavia, il fondamentale tratto differenziale che, con la sentenza di condanna, la responsabilità penale dell’imputato viene affermata; con la sentenza di assoluzione per vizio totale di mente, viene invece esclusa. Anzi, viene esclusa – in virtù della regola generale dell’art. 2046 cod. civ. – persino la sua responsabilità civile. Il danneggiato potrà conseguire il ristoro del pregiudizio patito unicamente da terzi, ossia dai soggetti tenuti alla sorveglianza dell’incapace, qualora non provino di non aver potuto impedire il fatto (art. 2047, primo comma, cod. civ.). Solo in via sussidiaria – allorché non risulti possibile ottenere il risarcimento in tal modo – il danneggiato sarà abilitato a pretendere dall’incapace, non già il risarcimento, ma la corresponsione di un’«equa indennità», rimessa, peraltro, sia nell’an che nel quantum, all’apprezzamento discrezionale del giudice, sulla base di una comparazione delle condizioni economiche delle parti (art. 2047, secondo comma, cod. civ.). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 29 January 2016, n. 12.
Friday 12 February 2016
Disabilità: la Convenzione di New York introduce obblighi di risultato (ma lo Stato sceglie il quomodo).
Assistenza e solidarietà sociale - Norme della Provincia di Trento - Prestazioni assistenziali rese in ambiente residenziale a favore di soggetti con handicap grave permanente e ultresessantacinquenni non autosufficienti fisicamente o psichicamente - Previsto concorso dell'assistito alla spesa in relazione alla condizione economico patrimoniale del nucleo familiare di appartenenza.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18 si configura alla stregua, per così dire, di “obblighi di risultato”: gli strumenti pattizi si limitano, infatti, ordinariamente, a tracciare determinati obiettivi riservando agli Stati aderenti il compito di individuare in concreto – in relazione alle specificità dei singoli ordinamenti e al correlativo e indiscusso margine di discrezionalità normativa – i mezzi ed i modi necessari a darvi attuazione. Ciò comporta, evidentemente, che – anche sul piano della individuazione delle relative risorse finanziarie – l’obbligo internazionale e convenzionale non possa, di regola, implicare e tantomeno esaurire le scelte sul quomodo. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 14 January 2016, n. 2.
Tuesday 12 January 2016
Le Sezioni Unite sul danno da nascita indesiderata e sul diritto a non nascere se non sani; statuto giuridico del concepito e “vita” come bene supremo.
Danno da nascita indesiderata – Onere della prova gravante sulla donna – Sussiste – Possibilità di ricorrere alle presunzioni – Sussiste
Concepito – Soggettività – Esclusione – Concepito come oggetto di tutela – Sussiste
Diritto a non nascere se non sano – Esclusione – Vita come bene supremo protetto dall’ordinamento – Sussiste .
In materia di danno da nascita indesiderata, al fine di ottenere il risarcimento del danno, la donna è tenuta ad allegare e provare che, ove informata di gravi malformazioni del concepito che avrebbero giustificato l'interruzione volontaria della gravidanza, non avrebbe portato a termine la gestazione, non potendosi tuttavia escludere la possibilità di assolvere il relativo onere in via presuntiva. È da escludere, peraltro, che tale indagine debba approdare ad un'elencazione di anomalie o malformazioni che giustifichino la presunzione di ricorso all'aborto. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Tenuto conto del naturale relativismo dei concetti giuridici, alla tutela del nascituro si può pervenire, in conformità con un indirizzo dottrinario, senza postularne la soggettività - che è una tecnica di imputazione di diritti ed obblighi - bensì considerandolo oggetto di tutela (Corte costituzionale 18 febbraio 1975 n. 27; Cass., sez. 3, maggio 2011 n. 9700; Cass. 9 maggio 2000, n. 5881). In altri termini, «si può essere destinatari di tutela anche senza essere soggetti dotati di capacità giuridica ai sensi dell'art. 1 c.c.». (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Elemento indispensabile della fattispecie risarcitoria è il danno-conseguenza, consacrato all'art. 1223 c.c. e riassumibile, con espressione empirica, nell'avere di meno, a seguito dell'illecito. Nel danno da lesione del diritto a non nascere se non sani, il nocumento riuscirebbe pertanto legato alla stessa vita del bambino; e l'assenza di danno alla sua morte, così incorrendosi in una contraddizione insuperabile: dal momento che il secondo termine di paragone, nella comparazione tra le due situazioni alternative, prima e dopo l'illecito, è la non vita, da interruzione della gravidanza. E la non vita non può essere un bene della vita; per la contraddizione che non lo consente. Tanto meno può esserlo, per il nato, retrospettivamente, l'omessa distruzione della propria vita (in fieri), che è il bene per eccellenza, al vertice della scala assiologica dell'ordinamento. Anche considerando norma primaria l'art. 2043 c.c., infatti, viene potuto non usuali di Wi-Fi in base ai principi della causalità giuridica e nella sua ampiezza più estesa, propria della teoria della condicio sine qua non (generalmente rifiutata, peraltro, in materia di illecito civile). Non si può dunque parlare di un diritto a non nascere; tale, occorrendo ripetere, è l'alternativa; e non certo quella di nascere sani, una volta esclusa alcuna responsabilità, commissiva o anche omissiva, del medico nel danneggiamento del feto. Allo stesso modo in cui non sarebbe configurabile un diritto al suicidio, tutelabile contro chi cerchi di impedirlo: che anzi, non è responsabile il soccorritore che produca lesioni cagionate ad una persona nel salvarla dal pericolo di morte (stimato, per definizione, male maggiore). Si aggiunga, per completezza argomentativa, che seppur non è punibile il tentato suicidio, costituisce, per contro, reato l'istigazione o l'aiuto al suicidio (art. 580 c.p.): a riprova ulteriore che la vita - e non la sua negazione - è sempre stata il bene supremo protetto dall'ordinamento. Del resto, il presupposto stesso del diritto è la vita del soggetto. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione Sez. Un. Civili, 22 December 2015, n. 25767.
Tuesday 12 January 2016
Matrimonio di due stranieri: legge regolatrice del diritto della moglie al cognome maritale.
Diritti della Persona – Diritto al Nome – Conservazione del cognome del marito a seguito di Divorzio – Cittadini stranieri – Legge Applicabile (Conv. Monaco, 5 settembre 1980).
Nel caso di cessazione degli effetti civili di un matrimonio contratto all’estero da due cittadini stranieri, il diritto della moglie di utilizzare l’esclusivo cognome del marito - acquisito, con il consenso di quest’ultimo, al momento dell’assunzione del vincolo - va delibato sulla base dei criteri di collegamento indicati dalla Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980, resa esecutiva in Italia con la l. n. 950 del 1984, per la quale i cognomi e i nomi di una persona vengono determinati dalla legge dello Stato di cui è titolare il cittadino. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 13 November 2015, n. 23291.
Friday 28 April 2017
Amministrazione di sostegno, modificazione dei circondari e competenza territoriale.
Procedure di amministrazione di sostegno pendenti alla data del 13 settembre 2013 - Modificazione dei circondari ai sensi del d.lgs. n. 14 del 2014 - Incidenza ai fini della competenza territoriale - Esclusione.
La previsione contenuta nell'art. 8 del d.lgs. n. 14 del 2014, integrativa delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 155 del 2012, trova applicazione con riferimento a tutti i procedimenti civili e penali pendenti alla data del 13 settembre 2013 ed anche alle cause di volontaria giurisdizione. Ne consegue che la modificazione dell'assetto territoriale dei diversi circondari non ha effetto sulla competenza territoriale relativa ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno aperti e per i quali, a tale data, non è ancora intervenuto il provvedimento di chiusura, che va determinata in base ai criteri di collegamento costituiti dalle circoscrizioni previgenti. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 12 November 2015, n. 23169.
Thursday 19 November 2015
Selezione degli embrioni e legge 40 del 2004.
Procreazione medicalmente assistita - Sperimentazione sugli embrioni umani - Divieto di ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni - Configurazione della violazione del divieto quale fattispecie di reato. Procreazione medicalmente assistita - Limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni - Divieto della crioconservazione e della soppressione di embrioni - Configurazione della violazione del divieto quale fattispecie di reato .
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, commi 3, lettera b), e 4 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui contempla come ipotesi di reato la condotta di selezione degli embrioni anche nei casi in cui questa sia esclusivamente finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità di cui all’art. 6, comma 1, lettera b), della legge 22 maggio 1978, n. 194 (Norme per la tutela della maternità e sulla interruzione della gravidanza) e accertate da apposite strutture pubbliche. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 11 November 2015, n. 229.
Thursday 12 November 2015
Mutamento del sesso: non è necessario l’intervento chirurgico.
Stato civile - Rettificazione giudiziale di attribuzione di sesso - Possibilità subordinata alle intervenute modificazioni dei caratteri sessuali della persona istante - Conseguente necessità che quest'ultima si sottoponga previamente ai trattamenti medico-chirurgici necessari a modificare i propri caratteri sessuali primari.
La legge n. 164 del 1982 accoglie un concetto di identità sessuale nuovo e diverso rispetto al passato, nel senso che ai fini di una tale identificazione viene conferito rilievo non più esclusivamente agli organi genitali esterni, quali accertati al momento della nascita ovvero “naturalmente” evolutisi, sia pure con l’ausilio di appropriate terapie medico-chirurgiche, ma anche ad elementi di carattere psicologico e sociale. Presupposto della normativa in parola è, dunque, la concezione del sesso come dato complesso della personalità determinato da un insieme di fattori, dei quali deve essere agevolato o ricercato l’equilibrio, privilegiando - poiché la differenza tra i due sessi non è qualitativa, ma quantitativa - il o i fattori dominanti. La legge n. 164 del 1982 si colloca, dunque, nell’alveo di una civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di libertà e dignità, della persona umana, che ricerca e tutela anche nelle situazioni minoritarie ed anomale. Interpretata alla luce dei diritti della persona - ai quali il legislatore italiano, con l’intervento legislativo in esame, ha voluto fornire riconoscimento e garanzia − la mancanza di un riferimento testuale alle modalità (chirurgiche, ormonali, ovvero conseguenti ad una situazione congenita), attraverso le quali si realizzi la modificazione, porta ad escludere la necessità, ai fini dell’accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico, il quale costituisce solo una delle possibili tecniche per realizzare l’adeguamento dei caratteri sessuali. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 05 November 2015, n. 221.
Thursday 15 October 2015
La Regione non può legiferare in materia di donazione degli organi e tessuti.
Sanità pubblica – Legge della Regione Calabria – Norme in tema di donazione degli organi e tessuti – Disciplina dei compiti degli ufficiali dell'Anagrafe ai fini dell'acquisizione delle dichiarazioni di volontà finalizzate alla donazione di organi dopo la morte e della relativa trasmissione al Sistema informativo trapianti – Incostituzionalità – Sussiste.
La Legge reg. Calabria n. 27 del 2014, prevedendo la competenza dell’ufficiale dell’anagrafe a ricevere e trasmettere le dichiarazioni di volontà in tema di donazione di organi e tessuti post mortem, riproduce nella sostanza una disciplina già prevista a livello statale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «anagrafi» (art. 117, secondo comma, lettera i, Cost.) e di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.). Ne consegue la incostituzionalità (La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 27 - Norme in tema di donazione degli organi e tessuti). (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 09 October 2015, n. 195.
Monday 05 October 2015
Le azioni degli ascendenti restano al tribunale per i minorenni.
Ricorso degli ascendenti per far valere il loro diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni - Art. 317-bis c.c. Competenza del tribunale per i minorenni, anziché del tribunale ordinario - Eccesso di delega - Irragionevolezza sotto più profili.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile, come modificato dall’art. 96, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 76, 77 e 111 della Costituzione. Il “cumulo processuale” si giustifica in relazione alla circostanza per cui le parti coinvolte in giudizio siano soggettivamente “le stesse” (vale a dire i genitori in fase di separazione o divorzio e i figli minori); e, inoltre, in relazione alla necessità che il giudice possa adottare, in costanza di una crisi coniugale aggravata da comportamenti genitoriali pregiudizievoli per i figli, le misure più opportune per la migliore tutela degli interessi di questi ultimi. Identico discorso vale, ovviamente, anche per la vis attrattiva disposta a favore del tribunale ordinario ove, sempre «tra le stesse parti», penda giudizio ai sensi dell’art. 316 cod. civ., per il caso di contrasto tra i genitori su questioni di particolare importanza in tema di responsabilità genitoriale sui figli minori. Si tratta, quindi, di una “concentrazione” processuale che presenta una ratio evidentemente non irragionevole e non certo riconducibile a mere esigenze di speditezza processuale. La quale ratio, tuttavia, non impone affatto di adottare una medesima soluzione regolativa per l’ipotesi, del tutto differente, del contenzioso introdotto da parte degli ascendenti che lamentino un pregiudizio per il loro diritto di mantenere con i nipoti minorenni «rapporti significativi», quando sia stato loro impedito di esercitarlo. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 24 September 2015, n. 194.
Prec
1...
5
6
7
8
...9
Succ
NEWSLETTER
Iscrizione gratuita alla mailing list
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST DEL SITO
TRASMETTERE LA GIURISPRUDENZA
INVIA LA GIURISPRUDENZA
Sostieni IL CASO.it
DONA!