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Persone e Misure di Protezione
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Saturday 04 May 2019
Protezione internazionale e revoca della protezione sussidiaria.
Protezione internazionale - Provvedimento amministrativo di revoca della protezione sussidiaria - Violazione dell'obbligo di avviso dell'inizio del procedimento - Conseguenze - Ricorso al giudice ordinario - Attivazione dei poteri giudiziali di iniziativa officiosa e collaborativa - Necessità - Limiti - Fondamento.
La revoca della protezione sussidiaria da parte della Commissione nazionale per il diritto di asilo deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 della l. n. 241 del 1990, atteso l'espresso richiamo ad esso operato dall'art. 18 del d.lgs. n. 25 del 2008. La violazione di tale obbligo determina l'invalidità della decisione del giudice che, adito a fronte del provvedimento amministrativo negativo, abbia puramente e semplicemente accettato le acquisizioni procedimentali lesive dei diritti di difesa, senza procedere ad alcuna iniziativa officiosa e collaborativa: detta iniziativa, se può essere negata quando le prospettazioni documentali ed orali del richiedente protezione siano di tale implausibilità da rendere la stessa inutile, non può essere declinata allorché il richiedente protezione, per omesso avviso dell'inizio del procedimento amministrativo, non abbia potuto ragionevolmente formulare nessuna produzione o deduzione. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 20 March 2019, n. 7841.
Thursday 07 March 2019
Norme sulla trasparenza: incostituzionale la pubblicità generale senza selezione.
Trasparenza – Pubblicità – Art. 14, comma 1-bis dlgs n. 33 del 2013 – Obbligo generale di pubblicazione – Per tutti i titolari di incarichi dirigenziali – Incostituzionalità
Rapporti CDFUE e Carta Costituzionale – Sindacato corte cost e sindacato Corte Giustizia – Sindacato Corte cost con effetti erga omnes – Precisazioni .
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano i dati di cui all’art. 14, comma 1, lettera f), dello stesso decreto legislativo anche per tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, anziché solo per i titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Viola l’art. 3 Cost., innanzitutto sotto il profilo della ragionevolezza intrinseca, imporre a tutti indiscriminatamente i titolari d’incarichi dirigenziali di pubblicare una dichiarazione contenente l’indicazione dei redditi soggetti all’IRPEF nonché dei diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, delle azioni di società, delle quote di partecipazione a società e dell’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società (con obblighi estesi al coniuge non separato e ai parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano e fatta salva la necessità di dare evidenza, in ogni caso, al mancato consenso). L’onere di pubblicazione in questione risulta, in primo luogo, sproporzionato rispetto alla finalità principale perseguita, quella di contrasto alla corruzione nell’ambito della pubblica amministrazione.
I principi e i diritti enunciati nella CDFUE intersecano in larga misura i principi e i diritti garantiti dalla Costituzione italiana (e dalle altre Costituzioni nazionali degli Stati membri): la prima costituisce pertanto «parte del diritto dell’Unione dotata di caratteri peculiari in ragione del suo contenuto di impronta tipicamente costituzionale». Fermi restando i principi del primato e dell’effetto diretto del diritto dell’Unione europea, occorre considerare la peculiarità delle situazioni nelle quali, in un ambito di rilevanza comunitaria, una legge che incide su diritti fondamentali della persona sia oggetto di dubbi, sia sotto il profilo della sua conformità alla Costituzione, sia sotto il profilo della sua compatibilità con la CDFUE (indirizzo enunciato già da Corte Cost., sentenza n. 269 del 2017). In tali casi – fatto salvo il ricorso al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidità del diritto dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 – va preservata l’opportunità di un intervento con effetti erga omnes della Corte Costituzionale in virtù del principio che situa il sindacato accentrato di legittimità costituzionale a fondamento dell’architettura costituzionale (art. 134 Cost.), precisandosi che in tali fattispecie, la Corte costituzionale giudicherà alla luce dei parametri costituzionali interni, ed eventualmente anche di quelli europei (ex artt. 11 e 117, primo comma, Cost.), comunque secondo l’ordine che di volta in volta risulti maggiormente appropriato. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 21 February 2019, n. 20.
Saturday 02 March 2019
Permesso per motivi umanitari: chiarimenti sul diritto intertemporale.
Regolamento Europeo N. 1896 del 2006 (IPE) - Ingiunzione di pagamento europea - Opposizione - Procedimento.
La normativa introdotta dal decreto legge n. 113 del 2018, nella parte in cui ha modificato la disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non si applica alle domanda giudiziale presentate prima dell’entrata in vigore delle nuove norme (5 ottobre 2018). In caso di accoglimento della domanda, il Questore rilascerà un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura “casi speciali” e soggetto alla disciplina e all’efficacia temporale prevista dall’art. 1, comma 9, del decreto legge menzionato. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 19 February 2019, n. 4890.
Wednesday 16 January 2019
Giurisdizione del giudice ordinario sull’impugnazione del provvedimento del questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Permesso per motivi umanitari – Diniego – Impugnazione – Giurisdizione – Giudice ordinario – Sussiste.
Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sull’impugnazione del provvedimento del questore di diniego del permesso di soggiorno per motivi umanitari, richiesto ex art. 5, 6 comma, del d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto al questore non è più attribuita alcuna discrezionalità valutativa in ordine all’adozione dei provvedimenti riguardanti i permessi umanitari. E ciò in base alla considerazione che la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali garantiti dagli art. 2 cost. e 3 della convenzione Europea dei diritti dell’uomo, e, pertanto, non degradabile ad interesse legittimo per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo: all’autorità amministrativa è richiesto soltanto l’accertamento dei presupposti di fatto legittimanti la protezione umanitaria, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, poiché il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate è riservato al legislatore. Alle medesime conclusioni si deve pervenire anche con riguardo alla speciale forma di permesso di soggiorno introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109, che ha attuato la direttiva n. 2009/52/CE sulle norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (in termini, Cass., ord. 27 aprile 2018, n. 10291). La misura colma una lacuna normativa in materia di lavoro irregolare dello straniero in Italia e si connota per la sua vocazione premiale, giacché si applica in favore del cittadino straniero che, trovandosi in una situazione di particolare sfruttamento lavorativo, abbia presentato denuncia contro il proprio datore di lavoro e cooperi nel procedimento penale instaurato a suo carico. Significativa conferma della devoluzione al giudice ordinario delle controversie in questione emerge poi dall’art. 1, 3 co., lett. a), del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, che le attribuisce alla cognizione delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, istituite presso i tribunali ordinari del luogo dove hanno sede le Corti d’appello dal d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito dalla legge 13 aprile 2017, n. 46. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Massima Ufficiale - "In tema d’immigrazione, l’opposizione avverso il diniego del questore al rilascio del permesso di soggiorno previsto dall’art. 22, comma 12-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998 in favore del cittadino straniero vittima di sfruttamento lavorativo appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, che procederà con cognizione piena a verificare la sussistenza dei relativi presupposti, atteso che il parere dal procuratore della Repubblica, cui è condizionato il rilascio del permesso da parte del questore, costituisce esercizio di discrezionalità tecnica ed esaurisce la propria rilevanza all’interno del procedimento amministrativo, non vincolando l’autorità giurisdizionale".
Cassazione Sez. Un. Civili, 19 December 2018, n. 32774.
Wednesday 09 January 2019
Individuazione dell’amministratore di sostegno: si impugna davanti al tribunale e non alla Corte di Appello.
Amministrazione di sostegno – Decreto di apertura dell’amministrazione e nomina dell’amministratore – Impugnazione della nomina – Tribunale collegiale – Sussiste – Corte di Appello – Esclusione – Art. 720-bis cod. proc. civ..
In tema di amministrazione di sostegno, occorre distinguere tra i provvedimenti di apertura e chiusura della procedura, assimilabili per loro natura alle sentenze emesse nei procedimenti d’interdizione ed inabilitazione, e quelli riguardanti le modalità di attuazione della tutela e la concreta gestione del patrimonio del beneficiario, circoscrivendo ai primi, aventi carattere decisorio ed idonei ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, l’applicabilità dell’art. 720-bis cod. proc. civ., che ne prevede l’impugnabilità dinanzi alla corte d’appello, e riconoscendo agli altri, sempre modificabili e revocabili in base ad una rinnovata valutazione degli elementi acquisiti, una portata meramente ordinatoria ed amministrativa, che ne consente l’inquadramento negli artt. 374 e ss. cod. civ., richiamati dall’art. 411 cod. civ., con la conseguente proponibilità del reclamo dinanzi al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell’art. 739 cod. proc. civ. Alla seconda categoria di provvedimenti vanno ricondotti anche quelli di designazione, revoca e sostituzione dell’amministratore, in quanto non incidenti sullo status o su diritti fondamentali del beneficiario della tutela, ma volti esclusivamente ad individuare il soggetto cui è demandata in concreto la cura della sua persona e dei suoi interessi; nessun rilievo può assumere, in proposito, l’eventualità che tale individuazione abbia luogo contestualmente all’apertura della procedura e con il medesimo provvedimento, dovendosi in tal caso distinguere, nell’ambito di quest’ultimo, le determinazioni adottate dal giudice tutelare in ordine rispettivamente alle ragioni che giustificano il riconoscimento della tutela e alla scelta delle modalità di attuazione della stessa, assoggettate a differenti regimi con riguardo sia alla individuazione del giudice competente per il reclamo che alla proponibilità del ricorso per cassazione avverso la decisione di quest’ultimo. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 12 December 2018, n. 32071.
Wednesday 05 December 2018
Fine vita: inammissibili gli interventi del Centro Studi 'Rosario Livatino', della libera associazione di volontariato 'Vita è' e del Movimento per la vita italiano.
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Rilevato che, nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Corte d'assise di Milano con ordinanza del 14 febbraio 2018 (r.o. n. 43 del 2018), hanno depositato atto di intervento il Centro Studi "Rosario Livatino", la libera associazione di volontariato "Vita è" e il Movimento per la vita italiano, in persona dei rispettivi legali rappresentati pro tempore;
che, la libera associazione di volontariato "Vita è" ha, altresì, depositato memoria in data 26 settembre 2018.
Considerato che le associazioni sopra indicate non rivestono la qualità di parti del giudizio principale;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, le ordinanze allegate alle sentenze n. 16 del 2017, n. 237 e n. 134 del 2013), la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale);
che a tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, ordinanze allegate alle sentenze n. 29 del 2017, n. 286 e n. 243 del 2016);
che il presente giudizio - che ha ad oggetto l'art. 580 del codice penale, nella parte in cui incrimina le condotte di aiuto al suicidio «a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito di suicidio», nonché nella parte in cui punisce tali condotte con la medesima pena prevista per l'istigazione al suicidio - non sarebbe destinato a produrre, nei confronti delle associazioni intervenienti, effetti immediati, neppure indiretti;
che, pertanto, esse non sono legittimate a partecipare al giudizio dinanzi a questa Corte.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili gli interventi del Centro Studi "Rosario Livatino", della libera associazione di volontariato "Vita è" e del Movimento per la vita italiano. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 16 November 2018, n. 207.
Friday 21 December 2018
Protezione internazionale: l'appello ex art. 702 quater c.p.c. deve essere introdotto con ricorso e non con citazione.
Domanda di riconoscimento della protezione internazionale - Decisione in primo grado - Appello ex art. 702-quater c.p.c. - Regime introdotto dall’art. 27, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 142 del 2015 - Forma - Ricorso - Necessità - Fondamento - “Overruling” processuale - Configurabilità - Peculiarità temporale di operatività.
Nel vigore dell'art. 19 del d.lgs. n. 150 del 2011, così come modificato dall'art. 27 comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 142 del 2015, l'appello ex art. 702 quater c.p.c. proposto avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale deve essere introdotto con ricorso e non con citazione, in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma. Tale innovativa esegesi, in quanto imprevedibile e repentina rispetto al consolidato orientamento pregresso, costituisce un "overrulling" processuale che, nella specie, assume carattere peculiare in relazione al momento temporale della sua operatività, il quale potrà essere anche anteriore a quello della pubblicazione della prima pronuncia di legittimità che praticò la opposta esegesi (Cass. n. 17420 del 2017), e ciò in dipendenza dell'affidamento sulla perpetuazione della regola antecedente, sempre desumibile dalla giurisprudenza della Corte, per cui l'appello secondo il regime dell'art. 702 quater c.p.c. risultava proponibile con citazione. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 16 November 2018, n. 29506.
Tuesday 20 November 2018
Va proposto con ricorso l’appello ex art. 702-quater c.p.c. avverso il rigetto della protezione internazionale.
Protezione Internazionale – Rito – Questioni di ammissibilità – Art.19 comma 9 Dlgs 150/2011 – Novella art. 27 lett. f) Dlgs 142/2015 – Forma dell’impugnazione in Corte di Appello – Significato da attribuire alla norma del comma 9 dell’art. 19 dlgs n. 150/2011 per effetto della sostituzione operata dall’art. 27 lett. f) dlgs 142/2015 – Ricorso – Sussiste – Enunciazione del principio di diritto annullamento con rinvio.
I motivi di ricorso
1. Error in procedendo ex art. 360 n. 4 cpc per violazione degli artt. 189, 190, 101 secondo comma cpc. (avendo il collegio in udienza sollecitato la discussione su questione di ammissibilità rilevata d’ufficio detta corte avrebbe docuto assegnare alla parti un termine per il deposito di memorie ex art. 101 c.p.c.; viceversa trattenendo senz’altro la causa per la decisione la Corte avrebbe impedito al ricorrente la modifica delle conclusioni mediante inserimento di istanza di remissione in termini – per il caso che la Corte di appello avesse ritenuto che l’appello si sarebbe dovuto proporre con citazione anziché con ricorso – e avrebbe altresì impedito di eccepire che l’avvocatura dello Stato aveva depositato una comparsa di costituzione riguardante diverso procedimento).
2. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 19 Dlgs n.150/2011, 27 Dlgs n.142/2015 e 12 preleggi (sia il tenore testuale della modifica normativa sia la sua finalità di garantire una più rapida trattazione dei giudizi relativi alle domande di protezione internazionale inducevano a ritenere che il legislatore del 2015 avesse voluto effetivamente optare per la proposizione dell’appello con ricorso).
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ritenuto assorbito il primo motivo accogliendo il punto n.2 del ricorso – cassando con rinvio - e pervenendo all’enunciazione del seguente principio di diritto:
Nel regime dell’art. 19 del dlgs n. 142 del 2011, risultante dalle modifiche introdotte con il dlgs n. 142 del 2015, l’appello proposto ex art. 702-quater c.p.c., tanto avverso la decisione del tribunale di rigetto della domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale quanto contro la decisione di accoglimento doveva essere proposto con ricorso e non con citazione, atteso che il riferimento al “deposito del ricorso” introdotto nel comma 9 della norma dell’art. 19 dal testo sostituito dall’art. 27, comma 1, lett. f) implicava la volontà del legislatore di innovare la forma dell’appello, così derogando, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 19, rispetto a quella individuabile anteriormente nella citazione a sensi dell’art. 702-quater c.p.c. (Roberto Dalla Bona) (riproduzione riservata)
Cassazione Sez. Un. Civili, 08 November 2018, n. 28575.
Tuesday 04 December 2018
Rettificazione degli atti dello stato civile e legittimazione ad impugnare la sentenza.
Stato civile - Procedimento camerale di rettificazione - Sentenza - Impugnabilità ad opera di terzi rimasti estranei al giudizio - Legittimazione - Condizioni - Fattispecie.
Il procedimento camerale di rettificazione degli atti dello stato civile si conclude con una sentenza contro la quale sono esperibili gli ordinari mezzi di impugnazione ad opera esclusivamente della parte soccombente e non anche, pertanto, di terzi rimasti estranei al relativo giudizio, i cui diritti non sono pregiudicati dalla sentenza stessa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto ammissibile la richiesta della figlia naturale del "de cuius", avanzata in una controversia fondata sulla "petitio hereditatis" relativamente ad un bene ereditario, che fosse dichiarata ad essa inopponibile, perché incidente sui suoi diritti successori, la sentenza di rettificazione dell'atto di morte del padre - in ordine alla data del decesso - resa in un giudizio al quale non aveva partecipato). (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. II, 06 November 2018, n. 28277.
Saturday 14 September 2019
Le somme spettanti al fallito a titolo di risarcimento del danno biologico o morale non possono essere attribuite al fallimento.
Somme spettanti al fallito a titolo di risarcimento del danno biologico o morale - Attribuzione al fallimento - Esclusione - Fattispecie.
Le somme spettanti a persona fisica successivamente fallita, a titolo di risarcimento del danno biologico o del danno morale, attesa la natura strettamente personale, sin dall'origine, del relativo diritto, rientrano nella previsione dell'art. 46, comma 1, n. 2) l. fall. e non possono essere quindi attribuite al fallimento. (In applicazione del predetto principio, la S.C. ha accolto il ricorso con il quale la società ricorrente lamentava di essere stata condannata a pagare il risarcimento del danno c.d. differenziale, vale a dire, l'eccedenza del credito risarcitorio rispetto a quanto pagato dall'Inail, non direttamente all'infortunato, imprenditore individuale, ma alla curatela del fallimento di questi). (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 15 October 2018, n. 25618.
Friday 02 November 2018
Natura vincolante della tabella indicativa delle percentuali di invalidità.
Invalidità civile - Requisiti sanitari - Accertamento - Tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti ex d.m. 5 febbraio 1992 - Rilevanza - Omessa valutazione - Vizio di legittimità - Sussistenza.
Con riferimento al presupposto medico - legale ai fini del riconoscimento delle prestazioni assistenziali agli invalidi civili, la tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti, approvata con d.m. del 5 febbraio 1992, in attuazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 509 del 1988, integra la norma primaria ed è vincolante, con la conseguenza che la valutazione del giudice, che prescinda del tutto dall'esame di tale tabella, comporta un vizio di legittimità denunciabile con ricorso per cassazione. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 01 October 2018, n. 23825.
Saturday 13 October 2018
Il riconoscimento del figlio naturale si fa nell'atto di nascita, senza necessità di un ulteriore atto formale di riconoscimento.
Filiazione - Riconoscimento del figlio naturale - Atto di nascita - Necessità di un ulteriore atto formale di riconoscimento - Esclusione.
Il riconoscimento del figlio naturale si fa nell'atto di nascita (o in atto autentico successivo o posteriore), con la conseguenza che la dichiarazione della madre nell'atto di nascita implica riconoscimento della filiazione naturale, senza necessità di un ulteriore atto formale di riconoscimento. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. II, 25 September 2018, n. 22729.
Friday 09 November 2018
Domanda di protezione internazionale, determinazione dello Stato europeo competente e giurisdizione del giudice ordinario.
Straniero - Domanda di protezione internazionale - Individuazione dello Stato competente - Situazione giuridica soggettiva azionata - Diritto soggettivo - Giurisdizione ordinaria - Fondamento.
La controversia avente ad oggetto la procedura di determinazione dello Stato europeo competente sulla domanda dello straniero richiedente protezione internazionale e sul conseguente, eventuale, provvedimento di trasferimento emesso dalla P.A., ai sensi dell'art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 25 del 2008 – anche prima della previsione espressa contenuta nell'art. 3, comma 3 bis, del d.lgs. cit., come introdotto dal d.l. n. 13 del 2017 conv. con modif. dalla l. n. 46 del 2017 – è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto la situazione giuridica soggettiva dello straniero che chiede protezione internazionale ha natura di diritto soggettivo, da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali la cui giurisdizione spetta, in mancanza di una norma espressa che disponga diversamente, all'autorità giurisdizionale ordinaria. (massima ufficiale)
Cassazione Sez. Un. Civili, 13 September 2018, n. 22412.
Thursday 06 December 2018
Impugnazione del riconoscimento del figlio per difetto di veridicità.
Filiazione naturale - Riconoscimento - Figli premorti - Clausole limitatrici - Impugnazione (provvedimenti in pendenza del giudizio) - Condizioni - Azione ex art. 263 c.c. - Nomina di un curatore speciale diverso per ciascun minore - Insussistenza - Fondamento - Limiti.
In tema di impugnazione del riconoscimento del figlio per difetto di veridicità, qualora l'azione riguardi più minori, non è sempre necessario nominare curatori speciali diversi per ciascuno di essi; tale obbligo sussiste, infatti, nel solo caso in cui si verifichi tra i figli un conflitto di interessi, anche potenziale, ipotesi che non ricorre, tuttavia, per il solo fatto che i minori siano parti di un giudizio in posizioni processuali non contrapposte. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 22 August 2018, n. 20940.
Thursday 30 August 2018
Incostituzionale la norma che prevede solo per gli immigrati il certificato storico di residenza di almeno 10 anni, ai fini del contributo locativo.
Assistenza e solidarietà sociale - Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione - Stranieri immigrati - Requisiti minimi necessari per beneficiare dei contributi integrativi previsti - Previsione del possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima Regione - Illegittimità costituzionale - Sussiste.
E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 11, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 («[a]i fini del riparto del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, di cui all’articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, i requisiti minimi necessari per beneficiare dei contributi integrativi come definiti ai sensi del comma 4 del medesimo articolo devono prevedere per gli immigrati il possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione»). La norma prevede solo per gli «immigrati» una certa durata della residenza, tanto a livello nazionale quanto in territorio regionale; per i cittadini italiani ed europei tale requisito non è richiesto, mentre restano fermi i criteri di carattere economico e l’attestazione di un contratto di locazione registrato, come si desume dall’art. 2 della citata legge n. 431 del 1998. Alla luce di quanto sopra esposto, risulta che la disposizione censurata introduce una irragionevole discriminazione a danno dei cittadini di paesi non appartenenti all’Unione europea, richiedendo solo ad essi il possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione. (Giuseppe Buffone) (riproduzione riservata)
Corte Costituzionale, 20 July 2018, n. 166.
Thursday 06 September 2018
Associazione di avvocati specializzata nella tutela di categoria di soggetti a differente orientamento sessuale e ambito di applicazione della tutela antidiscriminatoria.
Tutela antidiscriminatoria - Associazione di avvocato specializzata nella tutela di categoria di soggetti a differente orientamento sessuale - Legittimazione processuale - Questioni pregiudiziali.
La Sez. 1 ha sollevato questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’UE in ordine alle seguenti questioni:
1) Se l'interpretazione dell'art. 9 della direttiva n. 2000/78/CE sia nel senso che un'associazione, composta da avvocati specializzati nella tutela giudiziale di una categoria di soggetti a differente orientamento sessuale, la quale nello statuto dichiari il fine di promuovere la cultura e il rispetto dei diritti della categoria, si ponga automaticamente come portatrice di un interesse collettivo e associazione di tendenza non profit, legittimata ad agire in giudizio, anche con una domanda risarcitoria, in presenza di fatti ritenuti discriminatori per detta categoria;
2) Se rientri nell'ambito di applicazione della tutela antidiscriminatoria predisposta dalla direttiva n. 2000/78/CE, secondo l'esatta interpretazione dei suoi artt. 2 e 3, una dichiarazione di manifestazione del pensiero contraria alla categoria delle persone omosessuali, con la quale, in un'intervista rilasciata nel corso di una trasmissione radiofonica di intrattenimento, l'intervistato abbia dichiarato che mai assumerebbe o vorrebbe avvalersi della collaborazione di dette persone nel proprio studio professionale, sebbene non fosse affatto attuale né programmata dal medesimo una selezione di lavoro. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 20 July 2018, n. 19443.
Tuesday 25 September 2018
La Corte di Giustizia UE dirà se la generica dichiarazione di non volere dipendenti omosessuali integra una condotta discriminatoria.
Diritti della persona – Discriminazione per orientamento sessuale – Associazione di tutela della categoria discriminata – Legittimazione ad agire – Diritto al risarcimento – Questione pregiudiziale
Dichiarazione discriminatoria riferita a ipotetica e non attuale selezione di lavoro – Applicabilità delle norme europee di tutela antidiscriminatoria – Questione pregiudiziale.
Si sottopongono alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali:
1) se l’interpretazione dell’art.9 della direttiva n.2000/78/CE sia nel senso che un’associazione, composta da avvocati specializzati nella tutela giudiziale di una categoria di soggetti a differente orientamento sessuale, la quale nello statuto dichiari il fine di promuovere la cultura e il rispetto dei diritti della categoria, si ponga automaticamente come portatrice di un interesse collettivo e associazione di tendenza non profit, legittimata ad agire in giudizio, anche con una domanda risarcitoria, in presenza di fatti ritenuti discriminatori per detta categoria;
2) se rientri nell’ambito di applicazione della tutela antidiscriminatoria predisposta dalla direttiva n.2000/78/CE, secondo l’esatta interpretazione dei suoi artt.2 e 3, una dichiarazione di manifestazione del pensiero contraria alla categoria delle persone omosessuali, con la quale, in un’intervista rilasciata nel corso di una trasmissione radiofonica di intrattenimento, l’intervistato abbia dichiarato che mai assumerebbe o vorrebbe avvalersi della collaborazione di dette persone nel proprio studio professionale, sebbene non fosse affatto attuale né programmata dal medesimo una selezione di lavoro. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 20 July 2018, n. 19443.
Thursday 19 July 2018
Protezione internazionale: se manca la videoregistrazione dell'audizione del richiedente asilo è necessario fissare l'udienza di comparizione delle parti.
Protezione internazionale - Videoregistrazione dell'audizione del richiedente asilo - Udienza di comparizione delle parti - Nullità.
In materia di protezione internazionale, ai sensi dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, come inserito dal decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, n. 46, ove non sia disponibile la videoregistrazione con mezzi audiovisivi dell'audizione del richiedente la protezione dinanzi alla Commissione territoriale, il Tribunale, chiamato a decidere del ricorso avverso la decisione adottata dalla Commissione, è tenuto a fissare l'udienza di comparizione delle parti a pena di nullità del suo provvedimento decisorio, salvo il caso dell'accoglimento dell'istanza del richiedente asilo di non avvalersi del supporto contenente la registrazione del colloquio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 05 July 2018, n. 17717.
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